I maniaci settentrionali amano l'ordine e le camicie verdi, e tracciano linee di confine ovunque, anche nel salotto di casa.
Non sono nè di destra nè di sinistra, fieri di prendere il peggio da entrambi gli schieramenti.
Discendono da un antico popolo barbaro, e ci tengono a mantenere la loro brutale etichetta: agli argomenti preferiscono gli insulti, deliziando le nordiche platee con comizi a metà tra cori da stadio e concerti punk.
Amano così tanto il nord al punto di dimenticarsi di essere quasi tutti originari del sud, e si ripuliscono la coscienza da questo orribile colpa bevendo la sacra acqua del Pò, che, edulcorata da scarichi industriali, produce strane modificazioni dell'animo umano capaci di trasformare chiunque in Borghezio o Calderoli.
Dotati di indubbia virilità, gli uomini padani ce l'hanno duro, ma ossessionati come sono dalla caccia agli immigrati finiscono per usare le loro preziose estensioni solo come manganelli, costringendo così le donne leghiste a consolarsi con Giorgio Mastrota e le sue mirabolanti batterie di pentole.
Preoccupati di conservare il più a lungo possibile la propria ignoranza, non leggono e non vanno al cinema, e vivono nel terrore di trovarsi, anche solo per caso, a pensare.
Odiano Roma ladrona, e le città più a sud della capitale neanche le nominano, ritenendole troppo vicine all'Africa per meritare il seppur minimo sforzo dialettico.
Grazie al carisma di Bossi, l'eleganza di Calderoli e la tolleranza di Borghezio han vinto le elezioni, e sperano in un nord di puro sangue padano.
I maniaci settentrionali sognano un mondo peggiore, ed ora lo avranno.
giovedì 24 aprile 2008
giovedì 10 aprile 2008
Gli adoratori del modulo
Gli adoratori del modulo vivono dietro agli sportelli degli uffici, e si nutrono di interminabili file che spesso risultano inutili.
Si riuniscono in congreghe segrete, chiamate di volta in volta con nomi diversi, riunioni, incontri o meeting, ma che in fondo sono semplicemente dei grandi rituali di preghiera collettiva.
Durante questi commoventi momenti gli impiegati si alzano in piedi e con gli occhi lucidi e le braccia alte verso il cielo invocano a gran voce il nome del loro Dio.
" Noi crediamo nel Modulo, creatore del cielo, della terra e della burocrazia. Noi amiamo e rispettiamo le sue molteplici emanazioni, siano esse circolari, bandi, notifiche o atti notarili. Noi giuriamo di impegnarci a complicare sempre di più gli affari più semplici, e sogniamo un mondo completamente burocraticizzato"
Al termine delle frasi di rito essi rimangono un minuto in silenzio per onorare la memoria di tale Bruno Roncacci, sconosciuto impiegato dell'Imps, che propose di utilizzare un modulo per regolare la respirazione umana: nonostante il suo tentativo sia fallito, egli è considerato il figlio prediletto del Modulo, e suo primo profeta.
La cerimonia procede con lo scambio delle procedure formali: gli impiegati si timbrando vicendevolmente fra loro per ricordare la grande fratellanza che regna tra gli uffici più diversi.
Dal pulpito si alternano poi diversi oratori, che si sono prenotati secondo una rigida procedura formale che nei casi più fortunati non richiede più di dieci anni d'attesa. Nonostante la perfezione del rituale, capita di sentire spesso prediche un pochino datate, e in certi casi l'impiegato scompare o peggio va in pensione prima che arrivi il suo turno.
Al termine della liturgia, in rispetto ad un'antichissima tradizione, gli impiegati si mettono tutti ordinatamente in fila, e , nonostante venga aperta una grande porta che potrebbe permettergli di uscire in pochi secondi, si infilano in uno stretto pertugio che li costringe ad una ampollosa procedura riguardante precisi movimenti del busto e delle gambe.
Una volta ritornati nel mondo essi riprendono il loro posto dietro gli sportelli, e come tutte le sette religiose chiuse, non cercano di fare proseliti, ma di complicare la vita a coloro che non si uniformano al verbo del Modulo.
Si riuniscono in congreghe segrete, chiamate di volta in volta con nomi diversi, riunioni, incontri o meeting, ma che in fondo sono semplicemente dei grandi rituali di preghiera collettiva.
Durante questi commoventi momenti gli impiegati si alzano in piedi e con gli occhi lucidi e le braccia alte verso il cielo invocano a gran voce il nome del loro Dio.
" Noi crediamo nel Modulo, creatore del cielo, della terra e della burocrazia. Noi amiamo e rispettiamo le sue molteplici emanazioni, siano esse circolari, bandi, notifiche o atti notarili. Noi giuriamo di impegnarci a complicare sempre di più gli affari più semplici, e sogniamo un mondo completamente burocraticizzato"
Al termine delle frasi di rito essi rimangono un minuto in silenzio per onorare la memoria di tale Bruno Roncacci, sconosciuto impiegato dell'Imps, che propose di utilizzare un modulo per regolare la respirazione umana: nonostante il suo tentativo sia fallito, egli è considerato il figlio prediletto del Modulo, e suo primo profeta.
La cerimonia procede con lo scambio delle procedure formali: gli impiegati si timbrando vicendevolmente fra loro per ricordare la grande fratellanza che regna tra gli uffici più diversi.
Dal pulpito si alternano poi diversi oratori, che si sono prenotati secondo una rigida procedura formale che nei casi più fortunati non richiede più di dieci anni d'attesa. Nonostante la perfezione del rituale, capita di sentire spesso prediche un pochino datate, e in certi casi l'impiegato scompare o peggio va in pensione prima che arrivi il suo turno.
Al termine della liturgia, in rispetto ad un'antichissima tradizione, gli impiegati si mettono tutti ordinatamente in fila, e , nonostante venga aperta una grande porta che potrebbe permettergli di uscire in pochi secondi, si infilano in uno stretto pertugio che li costringe ad una ampollosa procedura riguardante precisi movimenti del busto e delle gambe.
Una volta ritornati nel mondo essi riprendono il loro posto dietro gli sportelli, e come tutte le sette religiose chiuse, non cercano di fare proseliti, ma di complicare la vita a coloro che non si uniformano al verbo del Modulo.
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