giovedì 6 dicembre 2012

L'archeologia dell'amore.




Serena aveva seppellito le sue rughe sotto diversi strati di fard, e si era persa tra le rovine della sua gioventù. Il suo cuore era come un prezioso reperto dimenticato nel sarcofago del suo petto. Si guardava attorno annoiata, come un turista svogliato durante una visita ad un museo poco interessante. La sala da ballo del centro anziani era un omaggio ai tempi andati, un centro studi per appassionati di Storia antica. Serena preferiva rimanere a mò di colonna a lato della stanza, ed osservare quello che succedeva davanti a lei. Sulla pista scricchiolavano lente ossa coraggiose, che non avevano ancora ceduto alla crudeltà dell'età. Il proprietario di alcune di queste, Vincenzo, vedovo da più di dieci anni, aveva distratto i suoi quasi ottant'anni con un mix di farmaci ad hoc, ed era pronto per una serata d'altri tempi. Appassionato di archeologia dell'amore, Vincenzo dedicava ogni sera alla ricerca di preziosi reperti per riempire il museo del suo cuore. La sedia vicino a Serena era libera, e Vincenzo non se la poteva certo lasciare sfuggire. Lei non si accorse neanche del suo arrivo, ma lui era un professionista, con un bel po' d'esperienza alle spalle. Picchettò con costanza per rimuovere le distanza fra loro, fino a che non riuscì ad ottenere la sua attenzione. 
Serena però era fatta di roccia dura, e non sembrava cedere minimamente. Vincenzo sapeva che il lavoro dell'archeologo è fatto di pazienza e lunghe ricerche, e cercò per tutta la sera di scavare un tunnel tra di loro. Alla fine, stremato da tanta resistenza, si addormentò, strappando una risata a Serena. L'istinto dello studioso subito si risvegliò in Vincenzo, che capì di aver trovato uno spiraglio. Di lì a poco le tese la mano, offrendosi di riaccompagnarla a casa. Serena sorrise di nuovo, scrollandosi di dosso la polvere che aveva accumulato in tutti quegli anni. Vincenzo aveva appena trovato il tesoro che cercava, e lesto lo circondò con il suo braccio, per godersi meglio l'esperienza della scoperta. 

lunedì 22 ottobre 2012

Il giorno sbagliato.

E' troppo facile essere come lui, si ripeteva, per diluire la sua solitudine. Nonostante tutto il tempo trascorso, non ci aveva ancora fatto l'abitudine. Non riusciva a darsi pace e per questo si dedicava sempre di più al lavoro. Solo ogni tanto si concedeva delle occhiate elusive al calendario, per controllare la situazione. Purtroppo non c'era niente da fare. Per lui era sempre tutto chiuso. Quando capitava il suo turno, le feste venivano rinviate o anticipate al weekend più vicino. Lui fingeva di non vedere e continua a masticare amaro. Senza di me voi non sareste niente, sussurrava, guardando i suoi colleghi. Di tutti, uno era decisamente insopportabile. Amato e stimato da tutti, era il suo esatto opposto. Faceva quello che voleva, forte del lavoro degli altri. Della sua costante fatica. E' troppo facile essere come lui, pensò il Lunedì, guardando il Sabato che usciva dall'ufficio per andarsene a fare una gita in campagna. Senza di me tu non saresti niente, sbuffò, prima di ritornare al lavoro.

mercoledì 17 ottobre 2012

Meno di zero

Noi non siamo niente. Non ci meritiamo neanche l'amarezza degli sconfitti, perché non abbiamo mai lottato. Ci siamo lasciati affossare nel fango delle promesse, e siamo stati risucchiati dalla speranza di un futuro che non sarebbe mai diventato presente. Siamo una generazione senza senso, troppo vecchi per proseguire l'adolescenza e troppo giovani per considerarci falliti.
Come tutte le cose che non esistono, ci definiamo per contrasto: non abbiamo fatto il sessantotto, non ci siamo goduti la ricchezza degli anni ottanta, non siamo nemmeno stati berlusconiani, che nel '94 eravamo bambini e quando votavamo erano sempre gli altri a fare certe scelte.
Siamo i campioni delle social revolution: post di facebook unitevi, e rimanete immobili davanti al computer.
Esperti ripulitori di coscienze, siamo bravi solo nel trovare scuse alla nostra inettitudine.
Crediamo tutti d'essere artisti, ma il nostro unico vero talento è quello di sfuggire alla realtà.
La verità è che ci siamo declinati sotto il segno della sottrazione: il nostro valore di riferimento è meno di zero, e non perché abbiamo surgelato i nostri sogni.
Nella matematica infatti, lo zero va distinto da "assenza di valore" poiché si tratta di due concetti diversi: ad esempio se la temperatura è zero, l'acqua ghiaccia, se manca il dato della temperatura, si verifica assenza del valore, per cui nulla si può dire.
Come per noi, che non siamo niente.

mercoledì 11 gennaio 2012

Un sorriso


Un sorriso è il solvente perfetto per tutti i tipi di preoccupazioni. E' il crick delle labbra e lo usiamo ogni volta che abbiamo un incidente con la felicità. Le sue sorgenti si trovano nelle profondità della nostra mente e quando ci scorre sul viso è fresco come un torrente di montagna. E' nella liquidità che si nasconde il segreto della sua essenza. Ci disseta e ci nutre come e più dell'acqua, ma quando cerchiamo di comprenderlo a pieno ci scivola sempre tra le mani.
Un mistero bellissimo, che a pensarci bene fa davvero sorridere. E non è questo tutto quello che ci serve?